Dallo spazio redazionale di complexlab.it
Negli ultimi anni, con le crisi dei mercati sempre più incalzanti e il passaggio a organismi aziendali sempre più liquidi, si è iniziato a chiamare le risorse umane ‘collaboratori’, li si è visti non più dall’alto ma da pari, si è chiesto che prendessero responsabilità e divenissero ‘entrepreneur’ del loro lavoro. Questo passaggio meramente formale, però, deve fare i conti oggi con automatismi ed abitudini comportamentali che hanno “controllato” e talvolta “inibito” la proattività.
Le Direzioni HR hanno un ruolo fondamentale nel rilancio strategico del sistema organizzativo, possono cavalcare le nuove opportunità di sviluppo delle competenze richieste dalla digital disruption, dalla sales trasformation, dallo smart working, dalla social leadership; possono dare l’esempio al CEO e al leadership team e a tutta l’organizzazione, rendendosi visibili e protagonisti dell’innovazione ritornando al centro a guidare lo sviluppo del sistema. Non si può chiedere agli altri di fare o essere quello che non si fa o si è!
Lavorare significa oggi reinventarsi. L’azienda è chiamata a offrire spazi, a presentare in modo chiaro e trasparente aree, opportunità, vincoli ma sta a ogni donna e a ogni uomo farsi carico del proprio percorso. E’ responsabilità di chi si occupa di sviluppo del personale offrire sostegno, ma anche aiutare le persone ad apprendere come sostenersi da sole, garantire uno spazio costruttivo di libertà e fiducia in cui le persone mostrano di saper fare quello che non hanno mai fatto e che non sapevano di saper fare.
Apprezzo alcuni passi in aziende che si distinguono per il people development ma c’è ancora molto da fare in molti settori e territori a partire dalle PMI, tessuto sociale del nostro paese, verso l’adozione di nuovi percorsi tras-formativi per migliorare le performance attuali (employability) e per agevolare un futuro ri-orientamento professionale e ri-collocazione (re-employability).
L’AUTOBIOGRAFIA PROFESSIONALE: LA NARRAZIONE DEL CURRICULUM VITAE
Il lavoro come ben sappiamo sta cambiando rapidamente, da tutte le parti arrivano ricerche e verifiche sulle competenze che non sono mai abbastanza, ogni giorno ci troviamo ad affrontare nuove sfide. Questo da un lato per alcuni è stimolante, fa sentire vivi e importanti, dall’altro a volte fa sentire confusi, inadeguati, spesso affaticati dalla necessità di rimettere sempre tutto in gioco. In questo contesto la scrittura del CV, il passaporto di chi un lavoro ce l’ha ma vorrebbe cambiarlo e di chi non ce l’ha e ne è in cerca, diventa spesso una sfida difficile da affrontare.
È bene leggere le due parole insieme perché il solo termine ‘curriculum’ rischia di chiuderci in uno spazio razionale e scrivere un elenco riepilogativo dove il principale problema è il formato e il font da usare!
Invito tutti ad attivare inizialmente tutte le più profonde emozioni, lo dice la parola composta “curriculum vitae” ma spesso, troppo spesso, il curriculum giace “morto” e “abbandonato” in qualche cassetto o archivio elettronico. Lo ri-esumiamo, se mai lo abbiamo fatto, solo quando è tardi, spesso troppo tardi e non siamo pronti a cogliere il cambiamento. La fretta e la re-azione non aiutano, ci spaventano e disorientano, allora corriamo ma la mente non ci aiuta a recuperare tutte le nostre esperienze e diventa una trappola, fa affiorare solo ostacoli e limiti.
La scrittura è un eccezionale strumento di cambiamento, la potenza della narrazione del curriculum vitae fa rivivere i ricordi che spesso la memoria offusca. Per esprimere tutta la sua potenzialità è importante vivere questi momenti in apertura, sospendendo il giudizio: è un allenamento che ci permette di riflettere e apprendere, ci serve per chiudere i cicli per radicarci e ristrutturare il passato. Possiamo osservare le crisi associate alle soluzioni trovate, dà un senso dinamico al percorso, ci aiuta a collegare punti apparentemente isolati, riformula la nostra trama professionale alla luce di nuovi elementi per riprogettare le direzioni future.
Vorrei stimolare in ciascun lettore un’analisi di coscienza su questo tema e di assunzione di responsabilità per il proprio destino professionale. È giusto darci il permesso di dare vita e creatività al nostro copione lavorativo al trascorrere del tempo, usiamo questa occasione per celebrare, senza giudizio, ogni singola esperienza hic et nunc. Il nostro CV è un organismo di cui avere cura costante, nasce e si sviluppa con noi, è unico perché fotografa la nostra evoluzione e rappresenta i nostri sogni, la nostra storia professionale e i progetti che ancora vogliamo realizzare.
Il CV cambia perché noi cambiamo. Con questa scrittura possiamo vedere le nostre qualità in ogni nuova esperienza, possiamo raccontare con creatività le nostre risorse, oggi sicuramente maggiori di ieri.
Con questa autobiografia ci mettiamo al centro della scena, aggiorniamo motivazione e identità professionale, ci scopriamo più attenti a perseguire i nostri obiettivi e arricchiti di nuova forza ed energia vitale. Narrare il proprio curriculum vitae permette di darsi merito senza aspettarlo da altri, ci fa acquisire maggiore consapevolezza sul nostro valore professionale, ci fa essere sempre pronti ad attivare scelte autonome con chiarezza su cosa vogliamo fare e su come vogliamo essere. Lo scrivere il Currriculum Vitae può diventare un formidabile procedimento di auto-osservazione per sviluppare consapevolezza e tras-formazione personale.